lunedì 8 aprile 2013

"Il vetro rotto" di Umberto Saba

Parafrasi e commento di Mattia S.


Tutto si muove contro te. Il maltempo,
le luci che si spengono, la vecchia
casa scossa a una raffica e a te cara
per il male sofferto, le speranze
deluse, qualche bene in lei goduto.
Ti pare il sopravvivere un rifiuto
d'obbedienza alle cose.
                               E nello schianto
del vetro alla finestra è la condanna.
                                                          (da Il Canzoniere, Ultime cose)


Tutto si muove contro il poeta, ogni cosa è avversa: "Il maltempo", il temporale, è quella furia esterna che preme, che fa spegnere le luci, verrebbe da dire come candele. "La vecchia casa" è il simbolo della vita stessa, che racchiude gioie e dolori; quel luogo solitamente ospitale e simbolo di quiete, viene scosso, fatto tremare. Tutte le "cose" sono destinate a perire, ad andare in contro al proprio inesorabile destino, per questo "sopravvivere", all'io, sembra un rifiuto della realtà e del destino cui si è predestinati. Il "vetro della finestra" infranto richiama l'attenzione alla "condanna" che incombe sul poeta, come su tutte le cose.

Il rifiuto delle sperimentazioni formali lo porta ad adottare la classica scansione di endecasillabi e un linguaggio che coincide con il parlato.
Il poeta usa il "tu" rivolgendo il pensiero a se stesso più che a un possibile interlocutore; è una sorta di dialogo interiore nella forma del soliloquio, come se l'io mormorasse tra se e se, riguardo le avversità della vita che sembrano muoversi contro di lui. Motivo che traspare sin dal primo verso con l'emblematico: "Tutto si muove contro te", e anticipa la caducità, inevitabile, di ogni cosa.
Tema fondamentale della lirica è quello dell'insicurezza, dell'incertezza che si tramuta nel senso di morte imminente; non a caso "le luci [...] si spengono". Il componimento risente di due fattori: quello storico e quello personale del poeta, l'ombra delle persecuzioni razziali, essendo lo stesso Saba un ebreo, e la tragedia della guerra sino alla liberazione. La casa, simbolo di quiete, 'nido' ospitale e confortevole in Giovanni Pascoli, qui assume un connotato più vicino a quella "Casa dei doganieri" di Eugenio Montale, simbolo di solitudine, di abbandono e desolazione. La casa, la vita, del poeta risente della violazione che scuote e dissolve ogni cosa, persino i ricordi e i sentimenti.
Interessante notare come, ancora una volta (vedi la poesia "Neve"), Saba rifiuti i dettami della poetica ermetica imperante che fu accusata di aver rifuggito il confronto con la storia per rintanarsi nella ricerca di una 'poesia pura'. Anche  nella drammaticità della sua condizione, che riflette quella di altri milioni di individui, Saba manifesta quel bisogno di una "poesia onesta", come la chiamava il poeta, di adattarsi, prima di tutto, all'andamento stesso del moto dell'anima. Moto che lo spinge ad assistere al male esterno, alla storia, che irrompe e distrugge "Tutto".


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